
Sull’ordinanza del Comune di Reggio Emilia che stabilisce le 8 aperture festive, occorre fare un po’ di chiarezza.
Innanzitutto, come già ribadito più volte, il pasticcio legato alla festività del 17 marzo, è da imputarsi al ritardo con cui sono state diramate le linee di comportamento dei Comuni. Ricordiamo, infatti, che il Comune di Reggio Emilia, così come tanti altri Comuni nella Provincia, ha dovuto “armonizzare” la festività all’interno di un calendario già prestabilito alla fine del 2010, con tutto ciò che ne consegue. Detto questo, a sostanziale giustificazione di una gestione non brillante della festività, confermiamo di aver dato, come tutte le altre Associazioni, il nostro assenso alla delibera in discussione, ma questo non cambia il fatto che alla luce delle decine di telefonate di chiarimento, ricevute da noi nei giorni precedenti, anche da uffici del Comune, ci si deve mettere quantomeno in discussione.
L’Assessore Natalia Maramotti difende la necessità di muoversi in sinergia per essere vincenti. Questo è sicuramente un discorso condivisibile, ma occorre, da una parte prevedere delle tutele per chi non è associato a gruppi di via, dall’altra mettere in campo dei sistemi di controllo, perché così come è impostata la norma ci sono esercizi che non riescono a sfruttare le due domeniche “libere” ed altri che approfittando del fatto che sono in prossimità di più zone, di aperture ne arrivano a fare anche 10 in un anno.
Il 17 marzo le richieste di apertura da parte dei commercianti del centro storico sono state pochissime e questo non ha consentito alle Associazioni di strada, di avere il numero sufficiente a giustificare la richiesta di utilizzo dell’unica festività ancora libera. Visto e considerato, però, che Reggio era piena indipendentemente dal numero di esercizi aperti, forse era giusto prevedere una certa flessibilità della norma.
Sia chiaro, che questo non significa, come affermato dalla Maramotti, che Confcommercio vuole ridiscutere il numero delle domeniche lavorative. E’ squallido constatare che ogni volta che si parla delle festività, ci si senta in diritto di strumentalizzare il tema per porre sul tavolo il tema del numero delle aperture. Confcommercio lo ha ribadito più volte, e lo ripete: a Reggio Emilia, il numero delle festività lavorative è più che sufficiente. I motivi, lo ripetiamo per l’ennesima volta, sono sostanzialmente due. Prima di tutto ribadiamo la necessità di preservare la conquista del riposo settimanale, da dedicare alla famiglia, allo svago e al riposo, per tutti i lavoratori, in primis i commercianti e i loro collaboratori. Dall’altra ci sono ragioni di carattere economico. La nostra città non ha vocazione turistica, quindi aprire la domenica significa dividere ulteriormente una torta dei consumi che non aumenta, favorendo lo spostamento verso la grande distribuzione. Questo implica un aumento di costi non giustificabile e un’ulteriore penalizzazione dei piccoli esercizi.
Crediamo comunque che la rappresentanza debba assumersi l’onere della discussione su questi temi, essere contrari alle aperture domenicali, non significa non porsi il problema di come normarli. Mettere la testa sotto la sabbia non è tra le opzioni.