Crisi: tre grandi interrogativi per il mondo dei servizi

La parola crisi è più che mai quella con cui quotidianamente ogni attività economica si deve in concreto confrontare, al di là dei comprensibili, ma ormai rituali lamenti. Non è più crisi settoriale o ciclica ma bensì una crisi strutturale del sistema che non risparmia nessun settore, tra questi il mondo dei servizi.

Coinvolti dall’ondata di gelo (non solo meteorologico) economico italiano ed europeo, i servizi avanzati e tradizionali si trovano a dover affrontare una crisi senza precedenti nel vero senso della parola. Il boom economico che aveva, come un volano, proiettato il comparto dei servizi che, come in tutti i paesi avanzati, occupa sempre più spazio nel mondo economico, sia in termini di Pil che occupazionali, oggi è fermo. Ma quali sono le grandi sfide con cui in particolare le aziende dei servizi, che solo a Reggio Emilia sono oltre cinquemila e che Ascom Terziario Servizi rappresenta, si devono confrontare? Almeno tre.

Il valore economico del know-how: le attività di servizio trovano il loro valore nella qualità e nella professionalità dello svolgere il proprio lavoro: nessun terreno da ipotecare, nessun magazzino da mettere a valore e nessuna produzione da poter rilanciare. Si punta solo sulle proprie capacità che quasi sempre non hanno una valorizzazione corretta e che spesso non sono per il sistema bancario una sufficiente moneta di scambio per l’accesso al credito. Il vero tema oggi è una valorizzazione economica determinata non solo dai dati che gli operatori del terziario servizi, avanzati e non, possono utilizzare nei confronti del sistema bancario per il rilancio e quindi per creare la giusta liquidità per le proprie attività. Ossia vanno riconosciuti e premiati il concept e la capacità realizzattiva.

La concorrenza sleale: oggi più che mai si ricorre al l’utilizzo di servizi “meno professionali”,ma più consoni alla politica di risparmio che attualmente rappresenta per molte aziende la prima necessità. Anche un piccolo disguido o un servizio non ineccepibile vengono accettati quando questo consente un consistente taglio dei costi. Ciò è sempre di più causato da questa concorrenza vertiginosa al ribasso, di cui l’unica vittima è il consumatore finale. Le liberalizzazioni in alcune attività operate dall’attuale Governo andranno spesso a favorire, anche nel settore servizi, una mancanza di professionalità e di qualità sempre più significativa che non solo non porterà a nessun beneficio nell’immediato ma creerà un danno collaterale nel futuro quando a crisi superata ci si troverà di fronte a una dequalificazione tale del settore nel nostro Paese che per i competitor, europei e non, in un sistema globalizzato sarà sempre più facile conquistare anche nel nostro Paese più mercato.

Economia dei servizi: oggi sembra che il servizio sia una sorta di “extra”, di lusso superfluo più che una funzione che produce e che manda avanti l’economia. Peraltro con gli ulteriori recenti indirizzi di politica fiscale, il vero clima di terrore sul monitoraggio delle proprie spese fa sì che il settore dei servizi venga “messo alle corde”. Oggi bisogna eliminare il “superfluo” o ciò che le Istituzioni ritengono tale. Ecco allora che ad esempio vacanze, centri benessere, corsi di formazione, pubblicità e servizi legati al mondo web, etc. sembrano diventare per privati e per aziende un qualcosa a cui rinunciare soprattutto per evitare di diventare “osservati speciali” da parte dello Stato e delle Istituzioni. E’ questo che serve per rilanciare l’economia?

E’ ormai chiaro per tutti che oggi c’è un’economia che non è esente da anomalie, ma che continua comunque a rispettare sostanzialmente le norme e le leggi e cerca in tutto e per tutto di tirare avanti. Se questa economia dovesse fermarsi cosa farà lo Stato? Usando una metafora bucolica c’è una coltivazione molto scarsa che sopravvive e nel quasi totale rispetto delle leggi inaridisce sempre più, e una coltivazione rigogliosa e abbondante che delle leggi proprio non si cura ma che non è sorvegliata e, se occorre, sanzionata dallo Stato. Forse perché neanche lo Stato per carenza di volontà politica o di forza organizzativa è in grado di combatterla. Ed è meglio multare un’azienda per qualche brano musicale sul personal computer che chi della produzione di cd contraffatti fa il proprio mestiere. Ma che non reagirebbe abbassando la testa e pagando la multa.

Nicola Nizzoli
Presidente
Ascom Terziario e Servizi