Liberalizzazione orari

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2011 è stata pubblicata la legge n. 214, di conversione del D.L. n. 204 (cosiddetto “Decreto Salva Italia”), con la quale, all’articolo 31, viene sancita la completa liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali e di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Come è noto, la nostra associazione e la Confcommercio nazionale hanno fortemente contrastato tale provvedimento, ritenendolo lesivo degli interessi della categoria, da oltre un decennio al centro di una forte deregolamentazione, al contrario di altre attività e professioni tuttora fortemente protette.

La tutela del diritto al riposo e il principio di salvaguardia dei propri affetti ed interessi privati sono valori universalmente riconosciuti all’uomo quale soggetto di diritti, senza distinzioni di censo, categoria sociale o professionale.

La disciplina degli orari vigente fino all’anno scorso conteneva già elementi di forte flessibilità in grado di soddisfare qualunque esigenza: 13 ore di servizio quotidiano, 12 domeniche di apertura straordinaria, una già completa liberalizzazione nei comuni ad economia turistica e nelle città d’arte (e per talune attività come mobilieri, librerie, fioristi) rappresentavano un livello di prestazioni capace di sfidare, in Europa e nel mondo, anche le legislazioni più avanzate, spesso impropriamente prese ad esempio e modello.

L’abbandono di qualunque vincolo va quindi ad esclusivo giovamento non tanto del consumatore o dell’occupazione, ma di chi ha margini economici e finanziari per sostenere costi e spese che spesso si traducono in altrettante perdite.

Evidenti i rischi di ricadute negative sul tessuto commerciale, che, specie nella nostra provincia, si è caratterizzato nel tempo per la sua capillare diffusione dei negozi di vicinato, presidio utile non solo a garantire un comodo servizio alle fasce sociali più deboli (anziani in primis), ma anche la vivibilità di interi quartieri e periferie.

La Confcommercio nazionale e l’Associazione continueranno a monitorare l’evolversi della situazione anche perché alcune Regioni hanno preannunciato ricorso alla Corte Costituzionale.