
Il dibattito che si è aperto sulla necessità di concorrenza e regole uguali per tutti nell’universo di circoli, eventi e sagre paesane dimostra la sensibilità, anche degli amministratori, al tema.
In proposito ci pare significativo come, nella propria replica, il Sindaco di Casalgrande scriva: “chi invece si nasconde dietro una formula di pseudo-festa e finto volontariato, improvvisando finti circoli associativi all’interno dei quali si sviluppa una mera attività di lucro: queste realtà ai confini con l’illegalità vanno combattute”. E’ esattamente questo il punto che abbiamo sollevato a Ferragosto.
Ciò detto, riteniamo utile raccogliere anche le ulteriori sollecitazioni che il Sindaco Rossi propone e approfondire la riflessione su di esse.
Innanzitutto il Sindaco richiama l’utilità di quanto serve a finanziare e sostenere “iniziative sportive, sociali e sanitarie”. Premesso che l’elenco dei settori che necessitano di attività di raccolta fondi non è certamente esaustivo, ben comprendiamo e condividiamo questo genere di necessità. Auspichiamo anzi che vi sia una completa trasparenza su questo punto: che sia reso noto a un pubblico, il più ampio possibile, quanto del ricavato di queste iniziative sia destinato ad attività benefiche; anche perché se dobbiamo dar credito alle cifre divulgate dallo Spidertruman reggiano, qualcuno lo ha già fatto notare, stiamo parlando dello zero virgola… Siamo sicuri, poi, di doverla sempre buttare in gnocco fritto e tigelle? Come sarebbero le feste di partito a basso tasso di colesterolo?
Tralasciamo quindi i punti sul volontariato e la partecipazione, questioni sulle quali siamo evidentemente tutti d’accordo, nè ci pare vi fossero elementi nel nostro precedente intervento che indicassero il contrario, salvo la perplessità sul fatto che si tratti sempre di volontariato: un rimborso spese a fine serata, per esempio, potrebbe configurare un’interpretazione un po’ al limite di questo concetto. Situazioni, queste, che immaginiamo lo stesso Sindaco di Casalgrande includerebbe tra quelle formule di “finto volontariato” di cui egli parla nel proprio intervento.
Sul punto nel quale il Sindaco parla di normative ci sembrano utili alcuni approfondimenti. Innanzitutto ci pare legittimo ribadire che le regole debbano essere le stesse per tutti: specialmente se si parla di tutela di consumatori, igiene, fisco, diritti di terze parti (per esempio Siae e fonografici) e così via. Siamo tutti d’accordo sul fatto che queste regole siano troppe, troppo confuse e a volte cervellotiche, “tali da complicare e scoraggiare l’organizzazione degli eventi stessi”: figuriamoci quanto possono complicare e scoraggiare chi della ristorazione fa la propria attività professionale tutto l’anno! E’ abbastanza singolare, però, che un’autorità cittadina se ne accorga soltanto quando cambia cappello per diventare impresario, anche se solo per pochi giorni.
Si osserva poi che le feste rappresentano un traino e un indotto: davvero pensiamo che le feste di partito possano rappresentare il perno delle politiche per il marketing territoriale?
E, finalmente, arriviamo al punto davvero per noi cruciale dei falsi circoli, delle false feste, dei falsi volontari, delle false finalità benefiche. Su questo ci pare che nella sostanza ci sia pieno accordo: occorre combattere l’illegalità. Anche se siamo contrari ad amnistiare le iniziative sulla base della loro anzianità. Una iniziativa può esser meritoria anche se è all’esordio; del pari, una festa veterana smaccatamente extra ordinem andrà cassata senza tante remore.
Vorremmo concludere con un piccolo spunto su cui riflettere, alla luce anche della manovra economica in discussione in questi giorni. Cosa impedisce, oggi, di applicare ai circoli un minimo di tassazione? Sarebbe un beneficio anche per la collettività. Facciamo un calcolo: circa 200 circoli nella nostra provincia, al netto di quelli che hanno affidato a terzi la gestione del servizio di ristorazione, per un volume d’affari medio di 60mila euro/anno fanno un volume totale di 12 milioni di euro all’anno per la nostra provincia. Se fossero tassati al 10% tra Iva e imposte si recupererebbero 1,2 milioni di tasse, ai quali bisogna aggiungere 1 o 2 persone iscritte all’Inps come titolari per ulteriori 800mila euro/anno totali per la nostra provincia. In tutto sarebbero circa 2 milioni di euro all’anno di entrate per lo Stato dalla sola provincia di Reggio Emilia; per l’intera regione Emilia Romagna sarebbero 18-20 milioni di euro: un terzo dei mancati trasferimenti dal Fondo sanitario nazionale alla Regione previsti dal prossimo anno!