Lettera aperta ai cittadini (non solo) del quartiere Orologio

Il lamento dei cittadini del quartiere Orologio per la chiusura di massa delle attività commerciali e terziarie inserite nel “direzionale “ può emblematicamente essere eletto a “manifesto dell’incomunicabilità” tra la nostra associazione e le “visioni” dell’Amministrazione Comunale in materia di politiche per il commercio. Il problema non nasce oggi, anche se ora se ne stanno raccogliendo i frutti più amari, ma ha radici oramai antiche, figlie anche, ma non solo, di scelte legislative da noi aspramente criticate perchè profondamente sbagliate e contraddittorie.

Non occorreva Frate Indovino, per immaginare che una programmazione fondata esclusivamente sull’aumento della dimensione media degli esercizi e sulla proliferazione di centri commerciali avrebbe prodotto la scomparsa del servizio di vicinato nei quartieri.

Non è certamente scoperta recente l’invecchiamento della popolazione, così come non è una novità scientifica la ridotta propensione degli anziani ad affrontare lunghi spostamenti per soddisfare modeste esigenze alimentari.

Nessuno tra i Soloni che hanno condotto le indagini conoscitive sul Ptcp e sul Psc del Capoluogo si è preoccupato di sprecare tempo ed inchiostro per approfondire i profili della dimensione sociale del servizio commerciale. No! era più urgente – e, diciamolo pure, più redditizio – affrontare finte questioni come l’evasione dei consumi, il nomadismo dei consumatori, le esigenze di riconversione dell’ “Ariosto” e compagnia cantante.

Dà certamente più lustro, visibilità e prospettiva finanziaria programmare sei o sette nuove aree commerciali da diecimila mq. ciascuna.

E’ molto più sciccoso ammantare il nulla di visionari “progetti speciali”, che occuparsi di contenitori vuoti, quartieri privi di servizi essenziali o attività che cessano.

“Tanto ci pensano gli ambulanti”, questo sembra essere lo slogan, davvero innovativo, la salvifica ricetta “pret-à-porter” per rimediare al vuoto torricelliano di idee e programmi. Come se anche gli ambulanti non fossero imprese, ma carne da macello o, nella migliore delle ipotesi, utile arredo urbano con cui mistificare qualche tardivo rigurgito di coscienza.

No, cari amici dell’Orologio, non siamo noi i cattivi, quelli che vogliono la morte del vostro quartiere o di Rivalta o di quanti potrebbero a breve seguire la vostra sorte.

La trappola era stata preparata da tempo e non da noi. La Confcommercio aveva invece predisposto il segnale di pericolo.

E’ un peccato che solo in pochi abbiano voluto leggerlo.